 A due anni dal loro ultimo album i Guignol, band Rock/sperimentale di Milano, tornano ad insediare le classifiche italiane con il loro terzo lavoro. Non ho avuto il piacere di intrattenermi ancora con i componenti del gruppo, ma basta una rapida ricerca sul web per esser sicuri che il nome derivi da “Grand Guignol”, il teatro parigino della prima metà del XX secolo: “macabro” e “violento” sono gli aggettivi che identificavano questo teatro, per gli spettacoli messi in onda. Aggettivi che, riletti in chiave musicale, possono essere resi con “impertinente” e “brusco”, che sono le impressioni che offrono alcune tracce di questo album, a partire dall’intro dei primi due brani. C’è un po’ di tutto in questo nuovo album. C’è del rock, del punk, della ballata country…e se lo ascolti meglio puoi sentirci anche del blues. E’ un album che parte fievole, quasi non lo avverti. Poi arriva una Farfalla che col suo batter d’ali ti scuote (neanche fosse un uragano…) e allora decidi di ripartire da capo, prestando maggiore attenzione a quei testi. E così improvvisamente vieni catapultato nella protesta inscenata quando Cristo è annegato nel Po, con l’integrazione e l’intolleranza delle genti, per poi finire invischiato nella giostra di favori clientelari, che crescono a poco a poco fino a diventare La montagna, così grande e così difficile da smaltire. Sono atmosfere lugubri ed un po’ grottesche quelle che – stranamente – in un primo ascolto sono state trascurate. Grida di protesta politica, che in un momento di crisi del genere inducono l’ascoltatore a riflettere, quale che sia il proprio coloro politico, anche nel caso limite in cui le proprie idee possano essere in posizione antitetica rispetto a quelle della band milanese. Non saranno certo i languidi inni di riformatorio cantati con insolenza da quei 12 marmocchi, ma a loro modo anche i nostri cinque artisti sfidano le istituzioni. Perché in fondo nessuno di noi vorrebbe tirare avanti con la poca roba della fattoria, come quegli stolti Polli in batteria…ma chi può affermare con certezza che non stiamo facendo anche noi la fine di questi pennuti, che accettano passivamente la loro condizione per poi finire su di un piatto, cotti a puntino?
Ps: in queste righe mi sono soffermato sul discorso politico che si evince dall’album, che in questo momento mi sta particolarmente a cuore. Ma in queste dieci tracce c’è di più, e v’invito a scoprirlo da soli, perché ne vale davvero la pena ;)
La tracklist
1. Cristo è annegato nel Po 2. La montagna 3. Il sonno ritrovato 4. Farfalla 5. Il paradosso 6. Dall’altra parte 7. 12 marmocchi 8. Polli in batteria 9. Il turno 10. L’incendiario
Giuseppe Puppo
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