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Fattorie Musicali e i Daisy Chains

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Buon pomeriggio a tutti i nostri followers! Anche oggi siamo pronti con il nostro consueto appuntamento.

Vi ricordate cosa è successo la scorsa settimana? La nostra Laura Passador ha recensito per noi " A story has no beginning or end", l'ultimo album del gruppo indie rock Daisy Chains. Questa settimana la nostra corrispondente lombarda ha voluto intervistarli. A voi la linea!

Sante Alagia



- Ciao! Potete presentarvi a chi ancora non vi conosce?

Carlo (voce e chitarra): Ciao noi siamo i Daisy Chains, veniamo da Bergamo e da Lecco, siamo belli (quasi tutti), siamo insieme da circa 4 anni e stiamo presentando il nostro secondo disco.

- Quando e perché avete deciso di formare un gruppo? Come ne avete scelto il nome?

Ci siamo formati nel 2008 e abbiamo fatto il primo live nel gennaio 2009. Veniamo tutti da esperienze musicali varie, più o meno impegnative. Ad un certo punto avevo delle canzoni, le ho proposte ad Andrea e abbiamo deciso che fosse tempo di fare le cose seriamente. Così in periodi diversi e dopo vari cambi di formazione, ci siamo ritrovati quelli che siamo ora.

Il nome ha varie spiegazioni, quella ufficiale è che si tratta di una citazione tratta da “the good old days” dei Libertines, se vi fate un giro su Wikipedia trovate vari spunti.

- Come descrivereste la vostra musica? Quali sono le vostre influenze?

Non mi risulta facilissimo descrivere la nostra musica, di certo quello che ci contraddistingue, che è anche quello verso cui tendiamo, è una sorta di equilibrio, di fune acrobatica tra melodia, urgenza e spirito punk. Le nostre influenze sono le più svariate, dall’indie punk degli inglesi Paddingtons fino a Paolo Conte, Edith Piaf, Selecter, Johnny Thunders, Graham Greene, Dorothée, Noir Désir e Bret Easton Ellis.

- Secondo voi, cosa vi distingue dalle altre band?

Non facciamo mai cover, in parte come scelta etica, in parte perché tanto non saremmo mai d’accordo sulla scelta. Abbiamo due membri con l’anello all’anulare sinistro e tra poco saranno tre e anche questo non è troppo convenzionale, se volete sapere di chi si tratta, vi do un’ indizio: non sono io.

Ah poi altra cosa: cerchiamo di provare il meno possibile, questa però non è una scelta etica, è la vita che ci trascina ed è molto più facile servire il nulla. :-)

- Il vostro primo album “Monsters & Pills” ve lo siete autoprodotto. Potete parlarci di questa esperienza?

Beh è stata un’esperienza niente male, ci siamo rinchiusi per un po’ nella mansarda di Tasso (il chitarrista) e abbiamo cercato di far quadrare il tutto senza far danni irreparabili; poi mentre ci ammazzavamo di editing, venivano a trovarci vari amici, musicisti, ecc… Tutti davano un contributo alla produzione. Certo, ci sono costati un po’ in birre, ma a conti fatti il gioco è valso la candela.

- Quali sono gli artisti che stimate di più nel panorama italiano? Con chi vi piacerebbe collaborare, avendone la possibilità?

Non siamo troppo appassionati di musica italiana, nonostante ci piacciano Paolo

Conte e Nanni Svampa.

- Cosa ne pensate del panorama indie rock italiano al momento? Diteci la vostra opinione.

Si tratta sempre e comunque di underground. In questi anni, abbiamo sentito e suonato con tanti gruppi e ne abbiamo trovati tanti e di alto livello, cosa che in un qualsiasi Paese europeo sarebbe sufficiente a creare un movimento di grosso interesse. Ahimè, qui non è così.

- Il vostro nuovo album, prodotto dalla Rocketman Records e uscito il 5 aprile, si intitola  “A Story Has No Beginning Or End”. Cosa potete dirci su questo disco?

Come si trova scritto nel libretto “this is a record of hate far more than of love” (G.Greene), rivendichiamo il diritto e il dovere di parlare anche di odio nelle canzoni, il solito vecchio amore è noioso ed è già descritto in tutti i modi possibili ed immaginabili, l’odio invece è decisamente sottovalutato ed ha una letteratura ampia, ma certamente inferiore all’amore.

Musicalmente è un disco di cui siamo molto fieri, è un salto in avanti rispetto al primo, sia come maturità compositiva che come qualità dei suoni e di produzione.

- Pensate che Radiostar.it sia un modo utile di promuovere gli artisti emergenti e in generale la musica?

Assolutamente, ormai la promozione digitale è fondamentale, e siccome sono convinto che si stia meglio adesso, non mi sognerei mai di rimpiangere epoche senza rete né digitalizzazione.

- Data la vostra esperienza, che consigli dareste ad una giovane band che vuole intraprendere la strada della musica?

Personalmente non do mai consigli, preferisco dare il cattivo esempio, parafrasando uno.

- Che progetti avete al momento e/o in futuro?

Suonare il più possibile, scrivere e registrare il terzo disco.

Laura Passador


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